Un giro al contrario

 

Proprio questo è accaduto; abbiamo fatto in bici due classiche discese del Monte Valmontagnana in salita. Appuntamento al giardino di Fabriano per l’appuntamento del sabato mattina, arrivo alle otto e trenta e non c’e nessuno. Strano, di solito  sempre un sacco di gente, così mi reco sotto casa di un amico e lo trovo a dormire. Naturalmente lo tiro giù dal letto e si parte direzione Valmontagnana. La mattina si pedala male appena alzati, ma si sale lo stesso. Lungo la strada troviamo un paio d’occhiali, li raccogliamo per non farli schiacciare dalle auto, ad un certo punto raggiungiamo due ciclisti che facevano la nostra strada. Chiediamo se hanno perso degli occhiali, si sono loro. Quattro parole e li convinciamo a venire con noi, proponendo una discesa per loro inedita. Ci seguono, prima discesa scorrevole e ripida, i due nuovi amici sono più che soddisfatti, anzi li vedo carichi al punto giusto che non mi faccio problemi a proporre quello che avevamo in mente. La discesa di San Cristoforo, si ma al contrario, ci stanno.

Pedaliamo lungo la Gola di Frasassi che spettacolo, da vedere. Inizia la salita per San Cristoforo, la prima parte è pedalabile e ci permette di conoscerci meglio, ma poi inizia la vera pendenza e le parole sono sostituite dai lamenti. Arrivati al paese, i due ignari pensavano di scendere, ma li “freghiamo” un’altra volta e proponiamo di salire per un’altra strada che di solito i ciclisti locali percorrono in discesa. Ancora una volta ci stanno; bene pedaliamo. Superato il vecchio borgo di S. Cristoforo spingiamo la bici in mezzo ai rovi per un centinaio di metri poi, parte un single trak in salita, anche questo dapprima pedalabile, poi sempre più ripido. Spingiamo, non è una novità, ma arriviamo in cima con qualche crampo alle gambe dei malcapitati amici. Oramai siamo al punto più alto e non ci resta che scendere attraversando il borgo incantato di Case Meloni, un posto spettacolare. Abbiamo attratto fin quassù i due amici e ora come promesso discesa, per loro inedita e con questa sono due. Il sentiero è un po’ chiuso dai rami, ma gli altri tre mi staccano segno che si stanno divertendo bene, dopo tanta fatica ci vuole un po’ di adrenalina. Arriviamo in fondo e vedo gli altri con un bel sorriso, è una bella sensazione. Ora non ci resta che ritornare da Borgo Tufico a Fabriano, nove kilometri scorrevoli che ci permettono di conoscerci meglio e di scambiarci recapiti. Anche oggi belle sensazioni in bici, nuovi amici e anche un nuovo giro. Un giro al contrario che trasforma una strada vecchia in una nuova.

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Un’escursione in Majella

Alcuni amici hanno lanciato l’idea di attraversare la Majella. Così si parte per l’Abruzzo destinazione Campo di Giove. Arriviamo la sera tardi e ci mettiamo subito a dormire, ci aspettano molti metri di dislivello per arrivare in cima a Monte Amaro la vetta più alta del massiccio. Di prima mattina saliamo a Guado di Coccia e da li bici in spalla ci incamminiamo per i vecchi impianti da sci ora dismessi. Due nostri compagni d’avventura rompono la loro mountain bike, incredibile lo stesso modello di bici comprata lo stesso periodo e la stessa rottura, la ruota libera. Parliamo tra di noi e ci dicono di proseguire lo stesso il giro, loro rientreranno per Palena. Da qui proseguiranno per Fara San Martino, il nostro punto di arrivo. Pedaliamo la Valle di Femmina Morta (sembra di stare sulla luna) e arrivati alle pendici di Monte Amaro carichiamo di nuovo la bici in spalla per raggiungere la vetta e il rifugio Pelino. Siamo a 2800 metri sul mare e il panorama è fantastico, c’ero già stato tre anni prima, sempre in bici. L’emozione creata dal rivedere quei panorami mi ha colpito molto. Quel giorno c’erano diversi trekkers che erano increduli nel vedere due ciclisti lassù, ora è tutta discesa, 14 km fino a Fara San Martino, si parte. Prima tappa rifugio Manzini per prendere l’acqua, poi di nuovo in sella. La discesa di valle Cannella è veramente bella e anche molto impegnativa. C’è di tutto sassi, tornanti, rocce da saltare, bosco verdissimo, breccino insidioso. Insomma tutte le difficoltà di una discesa racchiuse in 14 km. Si arriva in fondo veramente stanchi con le braccia provate e con in testa i mille cambiamenti di ambiente che abbiamo incontrato. Si passa dalla cima brulla e dal colore leggermente rosato all’inizio della valle pieno di ghiaia grigia. Poi più giù grossi sassi marroni e erba verdissima, le conifere, poi ancora sassi. Il bosco impenetrabile dalla luce e l’ultimo tratto una lunghissima e stretta gola piena di gradoni di roccia. Una esperienza incredibile che non sarà facile dimenticare, e dovremmo ritornare anche per i due che non l’hanno fatta per colpa delle bici rotte. Perchè no?

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